Il Sindacato dei medici di famiglia e la Legacoop hanno siglato un accordo per ridefinire le cure territoriali con un’implementazione delle linee di investimento del Pnrr. Ma facciamo chiarezza per tradurre in termini pratici gli effetti di quanto sopracitato.
Di fatto vengono esternalizzati i medici di famiglia, ultima bandiera del servizio sanitario pubblico che, a quanto pare, alza bandiera bianca. La proiezione lascia l’amaro in bocca: in futuro saranno circa 3 milioni e mezzo gli italiani senza medico di medicina generale. L’accordo, infatti, sottintende che i suddetti medici di famiglia, per poter svolgere la mansione lavorativa, debbano far parte di una cooperativa o comunque servirsi di una società di servizi.
Il Sindacato che ha sottoscritto l’accordo ha spinto per l’inquadramento del medico di famiglia come libero professionista convenzionato. Un O. S. dovrebbe difendere i diritti dei lavorativi e garantire il loro benessere, ma in questa occasione non è stato così: la libera professione è correlata a numerosi rischi d’impresa che pesano sul lavoratore, senza dimenticare gli obblighi verso l’Ente senza avere in cambio le tutele necessarie.
Ricordiamo che, sia per legge che per accordo di lavoro, i medici di medicina generale devono costituire le cosiddette Aggregazioni Funzionali Territoriali, ovvero gruppi costituiti da 20 medici con 30.000 pazienti da gestire. Le Cooperative entrano in gioco qui, per la gestione dei poliambulatori e del personale. Cambia la vocazione dei medici che smettono di essere soltanto medici e diventano imprenditori di se stessi o dipendenti di imprenditori prestati al mondo della sanità.
Hanno ucciso la medicina generale, ora temiamo che possano fare lo stesso con la sanità pubblica in generale.